L’immancabile variabilità dei punti di vista

Frugando nell’archivio, sempre troppo pieno come un cassetto che non si chiude bene perché c’è troppa roba dentro, ho riguardato qualche centinaio di immagini dell’ultimo viaggio a Edimburgo.

Come sempre mi sono chiesto subito perché ne ho tenute così tante, poi guardandole ho escluso le foto che avevo selezionato allora e mi sono concentrato sulle altre. Ne ho quindi estrapolate almeno un’altra ventina che sono diventate quindici ed ho iniziato a sistemarle senza sapere bene cosa stessi facendo. Quasi sorprendendomi hanno preso un viraggio abbastanza diverso dalla prima serie e mi sono chiesto perché.

Probabilmente la prima selezione, fatta a pochi giorni dal rientro, rifletteva direttamente le sensazioni del momento in cui le avevo scattate, oppure in testa avevo una certa idea e quella ho perseguito. Ora invece il ricordo di quei giorni in giro per la città con la fidata x100 è meno immediato e più filtrato dal tempo, oppure vedo le strade e le persone in modo diverso.

Sono tornato a pensare a tutte le volte che ho letto di come sarebbe consigliabile scattare e lasciar decantare le immagini per un po’ di tempo e di come questo ci porti poi a guardare gli scatti in modo critico e meno emotivo. Qualche volta in effetti varrebbe la pena farlo.

Oppure semplicemente, dopo tre anni, sono io ad essere cambiato.

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